Lettera del prof. Posapiano
Pubblicato in:: La Brigata, anno I, fasc. 4, pp. 89 – 91.
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Data: ottobre - novembre 1916
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Illustri ed onorandi amici,
avrei voluto inviarvi, com'è mio costume, una nota esegetica su recenti libri di poesia, ma il cambiamento di temperatura ha determinato, con un impressionante afflusso di acido urico, una recrudescenza improvvisa della gotta che mi affligge da non breve tempo. Sono semiparalizzato in poltrona, e il dolore e l'inerzia sono tali, che a stento riesco a muover le dita per vergare queste linee. Ma era doveroso ch'io vi avvertissi del largo seguito che in questi ultimi mesi va incontrando la nostra Società di Professori presso quegli scrittori che sanno opportunamente tener conto di tutte le sane novità e lodevoli iniziative. Ottimo segno mi parve del rifiorito amore per quella cultura che è patrimonio prezioso di noi e dei nostri maggiori, la messe abbondante di riferimenti e citazioni e spigolature relativa alla tradizione grecoromana, nonché alle civiltà preistoriche e protostoriche, che s'incontra nei quotidiani e nelle riviste da quel giorno — oh fortunato per la gioventù della nuova Italia, — in cui la nostra Società iniziò il suo spassionato esame della poesia contemporanea, con
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quella oculata severità che è merito e vanto del comm. Eleuterio Filalete, del can. Aniceto Incunaboli, dell'ultimo in ordine di tempo, ma non di valore, maestro Melchiorre Propaganda, direttore didattico, e di me, Casimiro Posapiano, cavaliere, indegnamente, della Corona d'Italia.
Mi piacque. ad esempio, leggere in Giovanni Papini parole bellissime riguardanti quel fulgido periodo che dalla morte di Tugultipalesara I va al secondo sposalizio di Salmanassar III; e concise statistiche della Romania, del Portogallo e della repubblica d'Andorra, così sintetiche e chiare, che solamente possono superarle quelle della Geografia del Comba ad uso delle Scuole Normali (Paravia, 1916, p. 245, edizione ampliata e corretta secondo i recenti assestamenti politici). Ma ciò che in Papini è spontanea reviviscenza di vecchi studi appassionati, in altri diventa impressionante ricerca d'erudizione. Papini, ecco, comincia un periodo con queste parole: «Narra Plutarco nella vita di Cesare...» Ed ecco Soffici, più spumeggiante: «C'è un passo nelle vite di Plutarco... » e poi: « Mi pare sia Pericle che press'a poco dice tosi... » Nelle citazioni, caro Soffici, occorre essere esatti, sino alla minuzia. Ma il più elastico e audace è il signor Giovanni Boine da Finalmarina, in cui scopro non solo la naturale esposizione di una elegante cultura, ma anche una vera e propria adesione alle nostre teorie dominali e accademiche. Anch'egli rilegge Plutarco: strana questa coincidenza, nel breve periodo d'un paio di mesi, in tre ingegni fra i più noti che vanti la nostra letteratura!
Il Boine (Riviera Ligure, settembre 1916), rimproverando al nostro amatissimo discepolo Francesco Meriano (di cui non dividiamo in alcun modo le audacie onomatopeiche e tipografiche, che non riusciamo a capire, nonostante la nostra squisita sensibilità) alcune bizzarrie futuriste, gli rivela impensati e lontanissimi progenitori, e lo avverte: «La febbre futurista, solo a leggere Plutarco la trovi già per ogni verso ». Qualche pedante ha osservato che trovare il futurismo in Plutarco è voler fare un paradosso fidandosi dell'ignoranza dei lettori, o per lo meno di quel tal rispetto che si ha per le parole stampate, e che fa chiedere ai più coscienziosi: «Vediamo; sono imbecille io o è imbecille lui?». Ebbene, in questo caso, rispondo io, prof. Casimiro Posapiano, che ho curato l'edizione purgata delle «Vite di Plutarco» per la Tipografia salesiana di Torino (1892, con prefazione del rev. canonico Aniceto Incunaboli), imbecille è, irremissibilmente, il pedante, che non riesce ad intuire certe affinità che a noi, Luciferi della filologia classica, appaiono evidenti.
Ma c'è di più. Nel fascicolo di ottobre della Riviera Ligure c'è una colonna intitolata Relazione del Concorso, firmata dallo stesso Boine e dedicata ad un Raffaello Franchi fiorentino, che ha il torto d'aver chiesto con troppa umiltà d'essere ammesso nella Riviera (troppo ospitale d'altronde) Ligure. Noi non giudichiamo le liriche del Franchi; bensì commendiamo l'agire del Boine, che ne pubblica le lettere, e lo avverte coram populo che la Riviera non lo accoglierà. E il nostro metodo, per quanto passato dall'Università allo
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Asilo Infantile; e la prova, una delle infinite prove è, ad esempio, la chiusa, in cui si avverte il Franchi che i signori esaminatori non hanno oltrepassato, con tutta la buona volontà, il cinque; e gli si augura d'essere più fortunato alla sessione d'ottobre.
Dopo di che, noi non abbiamo che a congratularci con noi stessi di tanta mirabile solidarietà d'ideale e della benefica azione da noi iniziata e svolta che fa ritrovare anche agli scrittori più rivoluzionari e novatori le sagge correnti della tradizione e i propri istinti dimenticati, che li porteranno un giorno su queste cattedre, donde noi impartiamo quella scienza che è riposo e tranquillità.
Prof. dott. POSAPIANO cav. CASMIRO
delle RR. Scuole Tecniche
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